Siamo ancora in tempo

Siamo ancora in tempo

C’è stato un tempo ormai lontano, diciamo gli anni 60, in cui i valori della globalizzazione sui mercati mondiali erano un decimo degli attuali, le multinazionali erano ancora quasi assenti sulla scena, la presenza dei privati nella gestione dei servizi pubblici era pressoché a zero, sanità e scuola erano un vanto dell’Italia e saldamente nelle mani dello Stato, le Regioni che hanno portato più danni che benefici , erano ancora nelle intenzioni della Costituzione e l’energia elettrica veniva nazionalizzata. Era un mondo certamente immerso nell’equilibrio del terrore della guerra fredda ma in cui ci si poteva permettere di andare in auto da Milano a Bombay attraversando senza problemi Afganistan, Siria, Iran, Iraq. Non era un mondo perfetto e a livello ambientale era già comparso l’allarme di “Primavera silenziosa” di Rachel Carson. Ma si poteva imboccare un strada diversa. C’erano già i segni del degrado ambientale e i primi allarmi sul cambiamento climatico: ci sarebbe stato tempo imsomma.

Ora il quadro è davvero sconfortante. Il merluzzo pescato in Norvegia finisce in Cina per essere sfilettato e poi torna sui mercati europei, la Mongolia ha animali da latte in numero 10 volte superiore a quello degli abitanti eppure nei suoi negozi si trovano più prodotti caseari europei che locali, Gli USA esportano 1,5 milioni di tonnellate di carne bovina ma ne importano altrettanta, l’Australia esporta 13.000 tonnellate di avocado e ne importa 11.000, le discariche infernali legate al fast fashion dell’abbigliamento impestano l’Africa. Potremmo continuare a lungo. E’ la globalizzazione, bellezza!

Che dire ad esempio dei TIR che trasportano pesantissime bottiglie di acqua dalla Campania ai negozi del Piemonte incrociandone altrettanti che trasportano l’ottima acqua sorgiva piemontese in Campania? Conviene questa pratica assurda legata al mercato globale? Evidentemente sì, è la logica del profitto del capitalismo sempre più improntata al liberismo selvaggio che è il fulcro del sistema economico mondiale. Una logica che aumenta il divario tra ricchi e poveri e aumenta le fortune di quell’uno per cento di milionari e miliardari del pianeta. Sicuramente non conviene alla biosfera con le enormi emissioni che sono legate a un sistema economico in contrasto con le leggi fisiche della termodinamica che se ne fanno un baffo di quelle dell’economia finanziaria.

Non conviene certo ai bambini che verranno che si troveranno a vivere in un mondo in preda alla febbre. In occasione dell’insediamento di Trump sono stati fotografati uno accano all’altro, un pugno di uomini che insieme avevano un capitale vicino ai 1.000 miliardi. C’è da stupirsi se è il potere economico che detta ordini a quello politico? Decide esiti elettorali dall’alto dei capitali posseduti e del dominio dei media, detta agende, ha potere di vita e di morte su miliardi di persone. E’ una democrazia davvero solo virtuale. E veniamo all’altro aspetto che impatta negativamente sull’ambiente. Le multinazionali e i grandi capitali bancari e finanziari non si limitano a dominare i mercati telematici, dell’e-commerce, di farmaci e assicurazioni, agricoltura e alimenti. Da tempo, favoriti dalle normative europee, gestiscono servizi ambientali ed energetici di pubblica utilità. In base alla sacra norma del libero mercato gestiscono servizi di trattamento dei rifiuti, energetici, idrici.

A parte il fatto che sia tutto da dimostrare che i privati gestiscano meglio del pubblico c’è di mezzo un’altra sacra regola: i privati, legittimamente, hanno come obiettivo primario il profitto, il business, i dividendi. E a livello pubblico si lascia fare al punto che manca del tutto o quasi la pianificazione. Dove il privato acquisisce terreni può progettare e spesso realizzare discariche, inceneritori, distese di fotovoltaico. I casi biellesi sono da manuale: multinazionali, multi-utility, grandi gruppi privati sono dietro alla discarica di amianto del Brianco, all’inceneritore di Cavaglià, alla grande partita della gestione dell’acqua nell’ambito Biella-Vercelli-Casale. Cosa possono fare i cittadini? E’ una partita persa per loro e per l’ambiente? Per fortuna non è così. Ne riparleremo.